»Magic Bus Into the Wild»

Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata forse non è che un fragile vetro.

Yukio Mishima

Era diventato una trappola per topi, quel bus. Ammaliati da un film e un libro, persone di ogni continente si sono dirette verso quel desolato angolo dAlaska alla ricerca di qualcosa. Un simbolo di fuga condiviso, di massa, globale. Così come di massa e globale rischiava di diventare lavventura «unica» che quel libro e quel film sembrava loro promettere.

Ma le esperienze raccontate possono essere rivissute ed esperite forse solo attraverso il media che le veicola: rileggendo il libro o rivedendo il film, perché un luogo non sarà mai lo stesso per persone diverse e il viaggio è diverso per ognuno. Nella vita reale abbiamo il dovere di realizzare la nostra di avventura, di cercare il nostro «luogo selvaggio», la nostra via di fuga.
Smetteranno di schiattare o di farsi soccorrere lungo la via, ora? Chissà, in Alaska probabilmente ci sono altri rifugi sperduti nel nulla e un post su Instagram potrebbe scatenare unaltra corsa allavventura di massa, unica e irripetibile. O forse sarà un altro libro, un altro film.

web
“Into the Wild” non abita più qui (Repubblica)
Lautobus abbandonato del film “Into the Wild” rimosso dalle autorità dellAlaska: “Motivi di sicurezza” (Repubblica)
video
libri
Jon Krakauer, Nelle terre estreme. Storia di una fuga dalla civiltà, Rizzoli, 1997
Rodolphe Christin, Turismo di massa e usura del mondo, Elèuthera 2019
Elena Croci, Turismo culturale. Il marketing delle emozioni, FrancoAngeli 2017

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